immagine per Apple Pencil

Il pennino che Steve non voleva

Chi mi conosce sa che non sono un fanboy della Apple, uno di quelli che qualunque starnuto faccia Tim Cook (e prima di lui, Steve Jobs), va in extrasistole. È vero, ho usato e uso tuttora prodotti Apple: ho avuto due iPhone, un iMac lampadone, un iBook conchiglione arancione, lo stiloso Powerbook Pismo – per intenderci quello che usa Carrie in Sex and the City – grazie a mio fratello ho potuto mettere mano su un Mac LC II e persino sul primo Mac 128k, quello con gli autografi di Jobs e soci dentro la scocca. Ma allo stesso tempo ho avuto un numero impressionante di pc, dal Commodore Vic20 a un’anonima, potentissima workstation con Windows sopra – non so quale versione, non chiedetemelo, aveva un numero.

Ho potuto assaggiare sulla mia pelle pregi e difetti di entrambi i sistemi, così adesso passo con nonchalance da un sistema all’altro: è uno degli skill che un freelance deve avere se non vuole precludersi occasioni professionali.

Proprio per dimostrare che non sono un fanboy isterico e anaobiettivo, consiglio a tutti la lettura della biografia di Steve Jobs scritta Walter Isaacson, che a differenza delle altre numerose biografie più o meno autorizzate, ha il pregio di essere stata scritta da un biografo vero, che non risparmia al papà di Apple, NeXT e Pixar interi capitoli di dure critiche.

Tutta questa premessa per dire che il miglior piatto di Apple è l’Uovo di Colombo.

Non voglio aggiungermi alla fila di quelli che spostano l’ago su “Genio Creatore” o su “Furbo Ladro”. Non mi interessa. Mi affascina un altro aspetto legato all’uscita del nuovo prodotto Apple: Pencil.

Mi viene da ridere al pensiero di presentare Pencil come un nuovo device, visto che gli stylus esistono da vent’anni, ma questa è una caratteristica non nuova delle novità Apple. Perché si può essere anche dei promoter di Windows, ma bisogna riconoscere che spesso, all’azienda con la mela, hanno avuto il coraggio, se non la faccia tosta, di reinventare prodotti in cui nessuno credeva. Prodotti arrivati troppo presto, o troppo tardi, o dalla forma sbagliata, o inventati bene ma realizzati male.

Un esempio è l’iPad, giunto sul mercato quando i produttori di computer avevano un unico concetto di riduzione delle dimensioni dei pc: il nanismo. Tutti avevano tirato fuori il proprio, orrendo netbook, un laptop in miniatura che assomigliava terribilmente a quelli normali in quanto a consumo e scarsa praticità. Non a caso i netbook sono spariti in poco tempo, spazzati via dall’ovvietà del tablet.

A uno dei suo famosi keynote, nel 2007 Jobs aveva liquidato l’argomento stylus domandando: Who wants a stylus?



 

Otto anni dopo, la sua azienda presenta Pencil, che a dispetto del nome è una penna. Bella, bianca, leggera. Un dispositivo che si preannuncia come un salto in avanti nella tecnologia di puntamento avanzato per artisti e non. Un segno di cambiamento? Di rottura con il passato? Voglia di liberarsi dal fantasma di Jobs?

Secondo me, no. Secondo me Jobs intendeva: Who wants a stylus… like this?

Perché gli stylus di cui parlava erano quei mozziconi in plastica e latta fatti per permettere al povero utente non-iPhone di digitare su tasti più piccoli dei suoi polpastrelli.

Pencil è una strumento di puntamento avanzato che potenzialmente è in grado di mandare fallito perfino Wacom, il colosso giapponese che da oltre trent’anni produce tavolette grafiche.

Le tavolette grafiche sono state per anni un piano di plastica su cui si disegna con una penna. La penna sfrutta un complicato principio elettromagnetico che permette al computer di riconoscere non solo i movimenti della mano ma anche la pressione e l’inclinazione. In questi decenni la tecnologia è migliorata e già da qualche anno Wacom produce schermi con tavoletta integrata (Cintiq); significa che invece di disegnare sulla tavoletta guardando il monitor, si disegna direttamente sul monitor (sì, quello nel video sono io).

Un primo limite di questa tecnologia è la latenza: anche sui pc più potenti si avverte un leggero ritardo tra pennellata e immagine della pennellata.

L’altro limite è la parallasse: lo spessore del vetro che si frappone tra i pixel dello schermo e la punta della penna dà un fastidiosa sensazione di disegnare nel vuoto.

Diciamolo, entrambi i limiti sono superabili con un po’ di pratica. Milioni di illustratori nel mondo, oltre al sottoscritto, ci lavorano senza problemi. Ma se Apple si va a impelagare in un prodotto del genere, è scontato che cercherà di trasformare ogni paradigma negativo in un punto di forza del suo nuovo prodotto.

Pencil si usa sull’iPad Pro, che è un tablet grande come un vassoio da caffè, quindi meno adatto all’uso outdoor ma più vicino all’esigenza di un illustratore. Apple afferma che l’esperienza Pencil è la migliore e la più naturale. A questo si aggiunge un fattore non proprio da sottovalutare, quello economico: iPad Pro più Pencil insieme costeranno poco più di una Cintiq HD 13”, con la differenza che la Cintiq non è un computer.

È presto per poter dire se Apple ha fatto di nuovo il colpaccio. Bisogna provarla. Come è ovvio, Apple si spertica in auto-lodi: lo schermo retina dell’iPad Pro ha una risoluzione tale che fa impallidire le tavolette grafiche. L’iPad “sbircia” Pencil 240 volte al secondo, quindi la latenza è zero. Lo spessore del vetro è impercettibile, quindi la parallasse non c’è. Pressione e inclinazione permettono di inspessire il tratto con effetti realistici. La carica della pennetta è di 12 ore e “…bastano appena 15 secondi di collegamento alla rete elettrica per garantirsi altri 30 minuti di lavoro”.

Però: le pennette tradizionali (Wacom e non solo) non hanno batteria, quindi non si scaricano mai. Però: Pencil si usa solo su iPad, dove non ci sono Photoshop o Illustrator, ma sue sottoversioni progettate per il disegno gestuale come Illustrator Draw e Photoshop Sketch. Però: lo schermo dell’iPad Pro è grande 13”, che per un illustratore è pochino. Però, però, però.

Al momento nessuno, a parte noi del mestiere – illustratori, graphic designer, compositor, 3d artist – usa uno stylus. Ma questo dice poco: se c’è un talento indubbio di Jobs è che ha saputo creare mercati dove non ce ne erano, mostrandoci necessità che non sapevamo di avere. Chi, nei primi anni novanta, avrebbe mai pensato che sarebbe potuto diventare un montatore dei propri filmetti girati in minidv? Chi pensava, nei primi anni ottanta, che presto avrebbe potuto impaginare un proprio documento con i font e le spaziature tipiche della tipografia?

I Buggles tanti anni fa cantavano: Video Killed the Radio Star. Poi è stato il tempo in cui Digital Killed the Analogic Star. Ma non è stato l’MP3 a cancellare il vinile o il CD: è stato l’iPod.

Da qualsiasi altro produttore fosse arrivata Pencil, avrei pensato mah, chissà.

Essendo un prodotto Apple, se fossi un dirigente Wacom assumerei urgentemente esperti in innovazione, perché è alto il rischio di essere ridicolizzati dall’ennesimo Uovo di Steve “Colombo” Jobs.

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