immagine per titoli di coda

Grafica e Serendipity

Non so se esiste un termine preciso per definire questa cosa che ho in mente, quindi anzitutto ve la enuncio: “Uso creativo di una cosa per scopi diversi da quelli per cui era stata progettata”.
Qualcuno suggerisce che sarebbe un uso serendipico, ma non mi convince del tutto, quindi la invento io, ecco qua: l’Alteruso.

L’Alteruso è un concetto che mi ha sempre affascinato. Trovo interessante il modo in cui l’uomo sappia inventare, e altri uomini sappiano poi inventare sull’invenzione precedente; questa è forse la chiave del progresso. Un po’ per presunzione, un po’ per curiosità, un po’ per sete di conoscenza, molti si sforzano di ampliare la conoscenza acquisita per andare oltre, per raggiungere lo scopo con meno fatica e più successo di chi c’era prima.

Quante volte abbiamo usato uno strumento (virtuale o fisico) e a partire da una nostra frustrazione – non funziona, è lento, potrebbe essere meglio – non abbiamo cominciato a pensare a come migliorarlo?

Si dice che in Italia ci siano 60 milioni di allenatori della Nazionale; ma non è forse vero che ci siano altrettanti Esperti di Come Migliorare un Software? O di come snellire un processo consolidato?
Bene, in mezzo a quest’esercito di allenatori, molti, invece di migliorare un processo consolidato, ne inventano un altro usando strumenti inconsueti, inadatti o addirittura sconsigliati. Alteruso.

Tra le cose che faccio in Alteruso, ci sono i rulli di coda.
Il rullo, o end roll, è quell’elenco alla fine del film dove appaiono cast e troupe al completo, ma che in genere non legge nessuno; una specie di quinta nera, scorrevole, piena di scritte, che ci accompagna mentre cerchiamo l’uscita, tra un commento a caldo e l’infilata del cappotto.

Ci sono rulli più o meno creativi; rulli artistici, che rompono le regole come quello di Scialla! Rulli che sono veri e propri capolavori come quello alla fine di Wall-E o de Il Racconto dei Racconti; rulli standard, pura soddisfazione di una necessità legale; rulli a scorrimento verticale su nero, rulli su scena, a pagine, come quello de La Grande Bellezza; insomma rulli per tutti i gusti e tutte le tasche. Due tra quelli citati li ho fatti io.

Quando ho iniziato a fare rulli, lo standard era: apri Photoshop, crea un’immagine lunghissima in altezza, riempila di nero e poi scrivi nomi e qualifiche in bianco. Vi risparmio i dettagli tecnici: era una soluzione assurda, buona forse per i rulli più banali e standard del mondo. Photoshop ha tante qualità, ma certo non è un software adatto all’impaginazione editoriale.

Perché alla fine di questo si tratta: impaginare un rullo è come impaginare un libro a una sola pagina. Le regole della composizione, del lettering, della simmetria e delle proporzioni sono sempre quelle, ma chissà perché, per impaginare Donna Moderna o l’ultimo Baricco si chiama un grafico impaginatore, mentre per fare un roll, si incastra un qualunque operatore di postproduzione, che lo farà di malavoglia e quindi, spesso, male.

Ma impaginare quel rompiscatole del roll non è una cosa banale. Dicevo che nessuno li legge, ma invece molti lo fanno – chi perché è pagato per farlo, chi per curiosità; un po’ perché negli ultimi anni si è diffusa l’usanza di inserire un’ultima scena in coda, o una canzone di successo; un po’ perché i cinema hanno perso la pessima abitudine di troncarli a metà. E chi li legge ha il diritto di fruire di una cosa fatta bene, leggibile anche quando il reparto Compositor & Roto Artists conta cinquanta nomi di cui metà indiani; ma sopratutto chi è nei roll, ha il diritto di essere trovato lì, terza riga dei cinquanta e passa, con un interlinea che dia respiro anche a glifi come Ğ o Ș, un contrasto cromatico che non ammazzi gli occhi dopo dieci linee, e magari un font che al tempo stesso sia in sintonia con lo stile del film appena visto, ma più leggibile delle istruzioni di Ikea.

er fare tutto questo, con il tempo sono arrivato a usare un software di impaginazione editoriale che non nomino perché di pubblicità non ne ha certo bisogno, e che chiamerò con un nome di fantasia: InFigo.
InFigo nasce nella stessa software house di Photoshop ed è diventato in pochi anni il rivale di Quark Xpress, software che per molto tempo è stato lo standard unico e assoluto. Penso di essere la sola persona al mondo che usi InFigo per questo scopo.

Entrambi i software sono fatti per mandare in stampa prodotti cartacei. Raramente, per creare siti web o banner. Il vero senso di usare InFigo per fare un roll è sopratutto l’estrema semplicità con cui posso operare infiniti cambiamenti al testo e allo stile, e vi assicuro che a pochi giorni dalla consegna del film, il roll è la cosa che subisce il maggior numero di modifiche. Queste modifiche costano giorni di lavoro, e diciamocelo, nessuno è felice di spendere soldi per un roll. Quindi le modifiche vanno fatte presto e bene.

Ecco, l’Alteruso di InFigo mi ha permesso di comporre roll di coda con rapidità e precisione, anche quando l’esigenza artistica ha chiesto un impegno maggiore in tempi brevi. C’è chi l’ha trovata una stranezza, ma io mi trovo bene così. Vorrei che l’Alteruso semplificasse anche la mia vita di tutti i giorni, ma questo forse lo racconterò… Alter-ove.

 

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